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23 APRILE 2021
ADOLESCENTI: quando la voglia di rischiare è incompatibile con un corso di difesa
personale.
Lo sviluppo dell’adolescente non è mai lineare ma presenta discontinuità varie e ricorrenti. La spinta a crescere è molto forte e l’adolescente può farsi coinvolgere in situazioni problematiche in cui può assumere comportamenti a rischio.
Le statistiche mostrano che proprio in adolescenza aumentano i comportamenti che sottendono la ricerca del rischio e la sfida dei propri limiti. Per comportamenti a rischio si intendono tutte quelle azioni intenzionali, dagli esiti incerti, che implicano la possibilità di conseguenze negative per lo sviluppo dell’adolescente. In questa definizione rientrano comportamenti quali il consumo di sostanze (droga, alcol, fumo),incidenti dovuti alla guida imprudente di veicoli, attività sessuale non protetta, e i comportamenti antisociali (furti, risse aggressioni). Il “rischio evolutivo” connesso a
tali comportamenti è costituito dalla riduzione della probabilità, per questi ragazzi e ragazze, di crescere come adulti responsabili.
L’adolescenza in sé può essere considerata come fattore di rischio poiché presenta un aspetto psicologico che accomuna tutti gli adolescenti: la voglia e la ricerca del rischio in quanto tale. Ragazzi tra i 13 e 20 anni infatti spesso non evitano il rischio in quanto ne subiscono un fascino e un’attrazione particolari. C’è un aspetto sano che riguarda questa voglia di mettersi alla prova e di sfidare il pericolo: la necessità di staccarsi dalla protezione dell’area genitoriale. Ragazze e ragazzi sentono, a volte in modo impellente, il bisogno di fuggire da una dipendenza che vivono come opprimente.
Senza affrontare questo rischio dunque, quello della separazione dal mondo infantile, non si matura e non si diventa adulti. Come sostiene la psicoanalista Francoise Doltò, un ragazzo non è veramente cresciuto fino a che fino a che non è in grado di fare una cosa che i suoi genitori non approverebbero. La vita di gruppo lontano dagli occhi della famiglia, l’esplorazione o il dominio del territorio, prove di forza fisica e di coraggio, la sperimentazione in ambito amoroso e amicale (quando avviene sottraendosi agli impegni scolastici e alle responsabilità quotidiane) rispondono in una certa misura al bisogno psicologico evolutivo di verificare la propria capacità di crescere mettendo alla prova i propri limiti e quelli sociali.
La maggior parte degli adolescenti vive questa dimensione del rischio in modo adeguato e in senso funzionale alla crescita: si esagera per dimostrare a sé stessi di non essere più dipendenti dai propri genitori, a volte per mostrarsi alla compagnia e per essere apprezzati, ma non perché ci si vuole fare del male o si vuole fare del male.
La motivazione buona che di solito porta l’adolescente a rischiare può però trasformarsi in certi casi nella tendenza a correre rischi pericolosi, alla ricerca diretta del pericolo, del trauma potenziale: si cerca nella realtà esterna una soluzione rapida che non si trova nel mondo interno.
C’è un diverso grado di vulnerabilità fra gli adolescenti, un diverso grado di tolleranza alle frustrazioni e ai conseguenti dubbi circa il proprio valore, una diversa capacità di accettazione dell’incertezza legata alla fase adolescenziale. Alcuni più di altri costruiscono un’immagine di sé basta su un senso di disvalore, di inferiorità e di inutilità; ciò può dipendere da una scarsa fiducia di base risalente ad un passato lontano oppure da recenti vicende traumatiche.
L’azione rischiosa viene quindi sentita come qualcosa che riscatta l’immagine negativa di sé. Su questo sfondo emotivo affettivo possono prendere forma i comportamenti bellici allo stadio, gli attacchi razzisti, le imprese delle bande delinquenziali oppure certe sfide stradali. La ricerca adolescenziale del rischio ha tuttavia origini non solo psicologiche ma anche neurobiologiche. Il cervello comincia la sua maturazione a partire dalla nascita ma completa tale processo tra i 20 e i 21 anni con una notevole variazione individuale.
Trasmettere ad un adolescente tecniche di combattimento e di difesa altamente offensive può quindi essere molto pericoloso: significa rischiare che strumenti utili ma molto potenti possano essere usati impropriamente con conseguenze importanti per il ragazzo. Meglio aspettare che l’adolescenza abba fatto il suo corso e il cervello abbia raggiunto la maturazione adeguata…..
Ilaria Provana
Psicologa Clinica, Psicodiagnosta, Psicoterapeuta